SULLE ELEZIONI POLITICHE SPAGNOLE

Le elezioni spagnole ci restituiscono alcuni segnali incontrovertibili.

Il primo segnale è che la coerenza paga.
Pedro Sanchez non è arretrato di un millimetro rispetto alle sue convinzioni europeiste e non ha mai voluto aprire ad accordi con il Partito Popolare.
Nel passato Sanchez ha pagato questa sua decisione che si scontrava con il pensiero della “vecchia guardia” del PSOE e ha perso la segreteria.
La riconquistò dopo pochi mesi con il supporto della base del partito che era del tutto contraria ad accordi con il Partido Popular.

Il secondo riguarda l’Europa.
Non si vince facendo una campagna antieuropeista basata sull’odio e sulle fake news come ha fatto Vox e in particolare il suo leader Santiago Abascal.
La Spagna con Pedro Sanchez continua a crescere a un ritmo superiore alla media UE. Nel primo trimestre dell’anno corrente l’economia è cresciuta dello 0,6 per cento.
Anche la disoccupazione ha il valore più basso dalla crisi del 2008 e l’inflazione è scesa all’1,9%.
La penisola iberica è anche l’unico Paese dell’Unione che rispetta l’obiettivo del 2%.
Forte di questi risultati Sanchez e i suoi alleati di Sumar hanno condotto una campagna a viso aperto contro PP e Vox.
Non hanno vinto, ma hanno raggiunto un risultato che nessun osservatore riteneva possibile.

Ecco quindi il terzo che deve riguardare anche noi: se hai un programma credibile, riformista e allo stesso tempo radicale i cittadini ci premiano.

Arriviamo quindi al quarto: il coraggio.
Sanchez ha compiuto una mossa azzardata e al contempo autenticamente “politica”.
Dopo il risultato del tutto negativo alle elezioni amministrative non ha esitato a chiedere lo scioglimento delle Camere evitando accordi senza obiettivi concreti e realizzabili. Il rischio per Sanchez era quello di arrivare logorato a novembre, scadenza naturale della precedente legislatura.

Una lezione che dobbiamo fare nostra per non ripetere esitazioni o errori del passato quali alleanze con soggetti non credibili e senza un programma coerente e realmente praticabile.

Ultimo, ma altrettanto importante segnale: uniti si vince.
Yolanda Diaz, la leader e fondatrice di Sumar, è riuscita con pazienza, tenacia e credibilità politica a riunire le diverse anime a sinistra del PSOE e ha chiesto a tutte le componenti di essere coerenti e di mettere in un angolo personalismi e “antipatie”. E Sumar è stata premiata dalle urne.

Il futuro della Spagna è incerto e gli scenari per il nuovo Esecutivo sono difficili da interpretare, ma è certo che Sanchez non è stato sconfitto e ha buone probabilità di far fare alla sinistra radicale e riformista spagnola un ulteriore passo in avanti.

E non è certo poco.