L’ONERE DI SCELTA PER I PAESI DELL’UNIONE: SOVRANISTI O EUROPEI
Dopo le continue provocazioni di Orbán, adesso è il turno della Polonia. Il pericolo per l’Europa arriva dal proprio interno, da Paesi governati da leader sovranisti che continuano a sfidare l’Unione senza che ci sia una risposta forte e adeguata da parte delle istituzioni comunitarie.
Ad inizio ottobre la Corte Costituzionale polacca, sulla cui autonomia e indipendenza ci sono forti dubbi, ha ribaltato un principio cardine dell’integrazione europea con una sentenza senza precedenti, stabilendo che il diritto comunitario non ha più il primato su quello nazionale. In sostanza, la Polonia può fare quello che vuole senza dover tener conto degli obblighi derivanti dall’adesione all’Ue. Un principio che, se applicato concretamente, rischia di compromettere il progetto di unità europea.
Di fronte a questa sfida, i leader europei non sono ancora riusciti a trovare una posizione comune, limitandosi a generiche dichiarazioni di condanna. Questo malgrado il Parlamento europeo abbia chiesto a larghissima maggioranza (502 favorevoli, 153 contrari e 16 astenuti) di mettere in atto tutte le iniziative possibili per contrastare la decisione polacca.
Ma quali sono gli strumenti a disposizione per imporre alla Polonia di cambiare linea? Come già accaduto in passato, si potrebbero aprire delle procedure di infrazione che, nel caso non si ‘rettifichi’ il comportamento incriminato, possono portare a sanzioni rilevanti come la sospensione del diritto di voto del Paese in questione. Si potrebbe attivare anche il nuovo, e finora mai utilizzato, meccanismo di condizionalità che vincola l’erogazione dei fondi del bilancio europeo al rispetto dei valori fondamentali dell’Ue. Ci sarebbe infine la possibilità di sospendere i 36 miliardi di euro che il Recovery Fund assegna alla Polonia.
Queste possibili risposte ‘politiche’ non si stanno però concretizzando perché serve l’unanimità dei governi. Ed è questa la vera, grande debolezza dell’Unione europea che occorre superare una volta per tutte. Al momento le uniche reazioni concrete sono arrivate dalla Corte di Giustizia dell’Ue, la quale ha condannato la Polonia a una multa di un milione di euro al giorno per non aver sospeso l’attività della sezione disciplinare della Corte Suprema polacca che, nei fatti, limita l’autonomia e l’indipendenza della magistratura. Un’altra reazione è arrivata dalla rete europea dei consigli superiori della magistratura che hanno espulso la Polonia dalla loro associazione.
Sono risposte importanti ma non sufficienti verso un Paese in cui l’autonomia e l’indipendenza della magistratura si riduce ogni giorno. Adesso, è da augurarselo, le istituzioni politiche devono fare la propria parte altrimenti la difesa dei valori europei rischia di essere solo una vuota dichiarazione di principio. Ieri l’Ungheria, oggi la Polonia, domani un altro Stato membro. Per questo, va ribadito, è necessario cambiare le regole del Consiglio introducendo il principio di maggioranza o, in caso contrario, il cammino di costruzione europea resterà bloccato per sempre.
È arrivato quindi il tempo che gli Stati membri realmente “europeisti” pongano con forza la questione e si trovino soluzioni forti e di rottura. Jacques Delors parlò di un futuro dell’Unione a “cerchi concentrici”. E se Paesi come Ungheria e Polonia non vogliono più unione politica e maggiore condivisione dei principi, non faranno mai parte del “cerchio stretto”.