LE POLITICHE EUROPEE PER OSTACOLARE IL CAMBIAMENTO CLIMATICO, UN AGGIORNAMENTO.
L’estate è iniziata con tragici eventi meteorologici.
In Germania, Belgio e Paesi Bassi le inondazioni hanno causato centinaia di morti e gravi danni. Il mondo della politica tedesca – senza alcuna differenziazione di colore politico – ha imputato subito ai cambiamenti climatici questo disastro.
Questa settimana è la volta della Cina, alla prese con inondazioni di pari devastazione. Non sono casi isolati: in Siberia non è mai stato così caldo e gli incendi divampati grazie alla secchezza delle foreste rendono l’aria irrespirabile. In Canada si sono raggiunti cinquanta gradi mentre anche Stati Uniti e Australia fronteggiano le fiamme. La stessa pandemia da Corona virus non è la causa della crisi che viviamo ma uno dei tanti sintomi del dissesto ambientale in atto.
In Germania, Belgio e Paesi Bassi le inondazioni hanno causato centinaia di morti e gravi danni. Il mondo della politica tedesca – senza alcuna differenziazione di colore politico – ha imputato subito ai cambiamenti climatici questo disastro.
Questa settimana è la volta della Cina, alla prese con inondazioni di pari devastazione. Non sono casi isolati: in Siberia non è mai stato così caldo e gli incendi divampati grazie alla secchezza delle foreste rendono l’aria irrespirabile. In Canada si sono raggiunti cinquanta gradi mentre anche Stati Uniti e Australia fronteggiano le fiamme. La stessa pandemia da Corona virus non è la causa della crisi che viviamo ma uno dei tanti sintomi del dissesto ambientale in atto.
Oggi, il nostro pensiero va alle vittime e il nostro impegno al sostegno delle popolazioni europee così duramente colpite. L’Unione fornirà un aiuto concreto attingendo al fondo di solidarietà attivabile in caso di calamità naturali. Ma non ci limiteremo a riparare i danni. Le tragedie di oggi ci impongono di guardare al futuro con più responsabilità. Non possiamo correre dietro alle crisi ambientali che si susseguono sempre con maggiore frequenza. Dobbiamo cercare di prevenirle.
È con questo obiettivo che, dopo una lunga battaglia con il Consiglio europeo, ove siedono i capi di governo degli Stati membri, il Parlamento Europeo ha ottenuto dei target vincolanti per il taglio delle emissioni.
Entro il 2050 l’Unione si è impegnata a non emettere più anidride carbonica. E’ un obiettivo ambizioso che prevede tappe intermedie. L’abbandono dei motori a combustibile fossile è, per esempio, previsto per il 2035.
Fissato l’obiettivo, è ora tempo di discutere di come arrivarci. Combattere il cambiamento climatico significa investire. Il costo dell’investimento è infinitamente più basso non solo delle vite umane ma anche rispetto al prezzo delle ricostruzioni. Tuttavia, come in medicina, ogni cura comporta degli effetti collaterali che non possiamo ignorare. L’adattamento a un nuovo modello di sviluppo più sostenibile non può gravare sugli individui e su interi settori dell’industria tradizionale. A maggio il Parlamento ha approvato un pacchetto da 17,5 miliardi di euro che finanzierà la ricerca di lavoro, le opportunità di riqualificazione e miglioramento delle competenze, ma anche l’inclusione attiva dei lavoratori e delle persone in cerca di occupazione durante la transizione dell’economia europea verso la neutralità climatica.
Sosterrà microimprese, incubatori di imprese, università e istituti di ricerca pubblici, investimenti nelle nuove tecnologie energetiche, efficienza energetica e mobilità locale sostenibile.
Entro il 2050 l’Unione si è impegnata a non emettere più anidride carbonica. E’ un obiettivo ambizioso che prevede tappe intermedie. L’abbandono dei motori a combustibile fossile è, per esempio, previsto per il 2035.
Fissato l’obiettivo, è ora tempo di discutere di come arrivarci. Combattere il cambiamento climatico significa investire. Il costo dell’investimento è infinitamente più basso non solo delle vite umane ma anche rispetto al prezzo delle ricostruzioni. Tuttavia, come in medicina, ogni cura comporta degli effetti collaterali che non possiamo ignorare. L’adattamento a un nuovo modello di sviluppo più sostenibile non può gravare sugli individui e su interi settori dell’industria tradizionale. A maggio il Parlamento ha approvato un pacchetto da 17,5 miliardi di euro che finanzierà la ricerca di lavoro, le opportunità di riqualificazione e miglioramento delle competenze, ma anche l’inclusione attiva dei lavoratori e delle persone in cerca di occupazione durante la transizione dell’economia europea verso la neutralità climatica.
Sosterrà microimprese, incubatori di imprese, università e istituti di ricerca pubblici, investimenti nelle nuove tecnologie energetiche, efficienza energetica e mobilità locale sostenibile.
Ma non basta: l’Europa già oggi inquina meno rispetto al resto del mondo e se c’è una lezione che possiamo trarre da quest’ultimo anno è che problemi globali necessitano di soluzioni globali.
Una tonnellata di anidride carbonica provoca gli stessi effetti se prodotta in Europa o altrove e il maggiore rischio di normative così stringenti sulla protezione ambientale è l’aumento delle delocalizzazioni. In altre parole, passeremmo – e in parte è già successo – dal produrre inquinamento a importare merci prodotte con processi inquinanti. Una delle proposte del Parlamento accettate dalla Commissione – che ora dovrà proporne i dispositivi a livello tecnico – è l’istituzione di una tariffa di adeguamento alle normative ambientali europee su tutte le merci importate. Sostanzialmente, chiederemo agli importatori di certificare il processo produttivo della merce che intendono far entrare nel mercato unico per imporre poi un regime di dazi che parifichi i costi sostenuti dai produttori europei in ottemperanza alle nostre normative ambientali. Lo dobbiamo prima di tutto ai lavoratori che oggi sono sottoposti a una concorrenza internazionale sleale basata sul dumping ambientale.
Il nostro impegno nei prossimi mesi verterà su questi temi e non mancherò di tenervi aggiornati.