DAI CITTADINI EUROPEI PARTE LA RICHIESTA DI REVISIONE DEI TRATTATI

La pandemia, la guerra in Ucraina e la crisi economica, energetica e alimentare ci hanno dimostrato che per affrontare le sfide comuni è fondamentale che l’Unione europea sia unita e intervenga rapidamente.

Perché questo accada, e non si ripetano situazioni come il blocco da parte del Premier ungherese Orbán di parte delle sanzioni contro la Russia, bisogna cambiare le regole che governano l’Unione europea. Se ne discute da molti anni ma è dal 2009, anno in cui è entrato in vigore il Trattato di Lisbona, che non vi sono stati progressi a riguardo.

Tuttavia i recenti stalli politici in seno al Consiglio europeo hanno riportato al centro il dibattito sulle riforme e in particolare la questione del diritto di veto di cui dispone ognuno dei 27 Paesi e che spesso viene usato dai governi come “ricatto politico”.

La Conferenza sul futuro dell’Europa, a cui hanno partecipato oltre 700 mila cittadini, ha presentato a maggio le sue proposte che prevedono in grande parte proprio il cambiamento degli stessi Trattati. Per dare un seguito alle richieste dei cittadini, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che chiede l’avvio dell’iter per modificarli.

La strada per cambiare le regole europee non è affatto semplice. Un’eventuale proposta elaborata dalla Commissione, dal Parlamento o da uno Stato membro dovrà eventualmente essere vagliata a maggioranza semplice dal Consiglio, il quale convocherà una Convenzione composta dai rappresentanti dei parlamenti europeo e nazionali, dai capi di Stato e governo e dalla Commissione che avrà il compito di discutere e approvare le modifiche da apportare ai Trattati. Infine, le modifiche dovranno essere ratificate da tutti i 27 Stati membri.

Questo iter lungo e complicato rischia perciò di infrangersi contro diversi ostacoli, in primis lo scetticismo dei Paesi dell’est e quelli scandinavi.
Eppure, per rafforzare l’Unione europea e conferirle più competenze in alcuni aree di interesse comune, tra cui sanità, ambiente e politica estera, tali modifiche sono assolutamente necessarie.

Oggi abbiamo un’occasione storica per costruire un’Unione più forte e più giusta. Il Parlamento ha già indicato la via da seguire. Ora la palla passa ai governi nazionali che dovranno dimostrarsi all’altezza del compito.