Interrogazione alla Commissione europea per una relazione sulla situazione nelle carceri europee
In questi giorni così complessi ci troviamo ad affrontare sfide nuove ma non solo.
Il coronavirus ci ripresenta con forza i vecchi problemi che il nostro Paese non ha mai risolto. È questo il caso del sovraffollamento disumano negli istituti di detenzione.
Le proteste nelle carceri hanno attraversato il nostro Paese da Nord a Sud, da Milano a Rieti, da Modena a Palermo causando la morte di dodici detenuti e numerose evasioni.
Le problematiche legate al possibile contagio del coronavirus e alle restrizioni dei colloqui con i parenti hanno riaperto in modo drammatico un problema cronico del sistema penitenziario italiano.
Secondo i dati del Ministero della Giustizia1, attualmente i detenuti in Italia sono oltre 61.000 e la capienza regolamentare è pari a poco meno di 51.000 posti. Il rapporto del 2019 dell’osservatorio sulla situazione carceraria in Europa evidenzia che il tasso di sovraffollamento delle carceri italiane è pari al 119,8%, ossia il più alto dell’Unione Europea, seguito da quello di Ungheria e Francia.
Proprio a causa della mancanza di spazio vitale nelle celle, nel 2013, nella causa Torreggiani e altri contro Italia2, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha condannato l’Italia per trattamento “inumano e degradante” in violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea sui diritti umani. Nonostante qualche piccolo passo nella giusta direzione, la situazione, trattandosi di un problema strutturale, non è generalmente migliorata. È un problema che purtroppo accomuna l’Italia a tanti altri Paesi membri.
Una risoluzione del Parlamento europeo dell’ottobre 2017 rileva che “il numero di detenuti continua a superare il numero di posti disponibili in un terzo degli istituti penitenziari europei” e che il 20% della popolazione carceraria era costituita da detenuti in carcerazione preventiva.
L’aumento e l’ammodernamento della capacità delle strutture detentive, attingendo ai fondi strutturali europei, è quanto mai urgente e necessario ma non è e non può essere l’unica soluzione a un problema così radicato. Nella sopracitata risoluzione, il Parlamento invita gli Stati membri a uno uso più diffuso di misure punitive alternative alla privazione della libertà e a diminuire considerevolmente il ricorso alla carcerazione preventiva. Insomma, parliamo di una riforma di ampio respiro del sistema carcerario europeo. Infatti, affinché questa ferita venga curata è necessario avere una visione di lungo periodo aldilà dei momenti emergenziali, seppur gravissimi, come quello che viviamo oggi.
Sin dalle mie prime esperienze con i ragazzi del Beccaria di Milano, mi sono sempre occupato di questo tema ma sempre con una prospettiva locale e nazionale. In questi primi mesi di impegno a Bruxelles ho quindi cercato di capire cosa si potesse fare in Europa. La gestione delle carceri e dei detenuti e l’amministrazione della giustizia sono prerogative nazionali: Parlamento europeo e Commissione hanno un margine di azione ristretto. Tuttavia, la Carta dei diritti fondamentali dell’UE parla chiaro e gode del rango costituzionale. In altre parole, è la legge suprema che governa l’UE e a cui si deve conformare anche la legislazione nazionale. La Commissione, in quanto guardiana dei trattati, deve monitorare e garantire la loro applicazione. È su questo punto che ho iniziato a insistere qui a Bruxelles. Se è infatti vero che la gestione delle carceri è di esclusiva competenza nazionale, l’Unione però non può abdicare al proprio ruolo chiudendo un occhio sulle continue violazioni della Carta dei diritti umani dell’Ue.
La privazione della libertà non costituisce una privazione della dignità.
Di seguito, potete trovare un’interrogazione parlamentare che ho proposto insieme ad altre colleghe e colleghi in cui esortiamo la Commissione a redigere una relazione sulla situazione nelle carceri europee.
Interrogazione con richiesta di risposta Commissione europea
Giuliano Pisapia, Franco Roberti Sabrina Pignedoli e Laura Ferrara
Nel 2017 il Parlamento europeo ha approvato la relazione INI sui sistemi carcerari e le condizioni di detenzione (2015/2062(INI)), invitando la Commissione, nell’ambito delle sue competenze, ad intraprendere le necessarie azioni per il miglioramento della condizione dei detenuti, considerando il ruolo dell’UE in materia di salvaguardia dei diritti fondamentali dei detenuti e creazione dello spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia.
Alla luce di quanto precede può la Commissione rispondere ai seguenti quesiti sulla base delle richieste avanzate nella relazione INI:
– Ha dato avvio ad uno studio comparativo per analizzare le misure alternative degli Stati membri e sostenere la diffusione delle migliori pratiche nazionali?
– Ha previsto di pubblicare relazioni periodiche dettagliate sulla situazione nelle carceri in Europa, incluse un’analisi approfondita sul livello di istruzione e formazione fornite ai detenuti e una valutazione dei risultati (compresi i tassi di recidiva) conseguiti applicando misure alternative alla detenzione?
– Ha deciso di avviare un forum europeo sulle condizioni carcerarie allo scopo di incoraggiare lo scambio di migliori pratiche tra esperti e professionisti in tutti gli Stati membri?
La risposta di Věra Jourová a nome della Commissione europea
Alcune questioni relative alle misure alternative alla detenzione, comprese le azioni che potrebbero essere intraprese dalla Commissione, sono attualmente oggetto di discussione nell’ambito della presidenza finlandese con l’obiettivo di adottare su questo tema conclusioni del Consiglio in occasione del Consiglio «Giustizia e affari interni» di dicembre 2019.
Gli Stati membri hanno indicato che, a livello dell’UE, non è necessario istituire un organismo di controllo supplementare che andrebbe ad aggiungersi al lavoro già svolto dal comitato per la prevenzione della tortura (CPT) del Consiglio d’Europa. È stata tuttavia ribadita la necessità di rafforzare le reti esistenti.
A tal fine dal 2016 la Commissione fornisce una sovvenzione diretta al Consiglio d’Europa destinata al funzionamento di un Forum europeo di organismi indipendenti di monitoraggio delle carceri, i cosiddetti meccanismi nazionali di prevenzione (NPM)(1). La convenzione consente a tali organismi di riunirsi regolarmente nell’ambito di una rete informale per discutere di questioni relative alla detenzione e scambiarsi le migliori pratiche(2).
Sia il CPT che i NPM pubblicano periodicamente relazioni dettagliate sulla situazione delle carceri in Europa.