Crisi energetica e prezzi dell’elettricità: cosa può fare l’UE?

L’aumento dei prezzi dell’energia, di cui si discute molto in questi giorni, è un fenomeno che in realtà è iniziato ben prima dell’invasione russa dell’Ucraina. Nel 2021, infatti, il prezzo dell’energia importata nell’eurozona è raddoppiato e i prezzi al consumo sono aumentati del 25%

In questi ultimi mesi però la guerra in Ucraina e il graduale taglio delle forniture di gas da parte della Russia hanno particolarmente aggravato il problema. Ad agosto 2022 l’inflazione in Italia ha raggiunto l’8,4%, il dato più alto dal 1985, e nell’eurozona ha toccato il massimo mai registrato del 9,1%.

È in particolare proprio l’inflazione del prezzo dell’energia, che ad agosto si è attestata al 38,3% nell’area euro, a contribuire all’aumento del costo dell’energia elettricità e dei prezzi dei beni e dei servizi in tutto il continente europeo.

Cosa ha fatto l’Unione europea finora?

La Commissione europea e i governi nazionali, che nel 2021 non sono stati pronti a rispondere ai primi aumenti dei prezzi, a seguito dell’invasione russa in Ucraina hanno preso una serie di misure senza precedenti per rispondere all’emergenza energetica. I loro interventi si sono concentrati sia sul lato della domanda che dal lato dell’offerta dell’energia.

L’esecutivo comunitario ha presentato lo scorso maggio il piano RePowerEU, che ha il duplice obiettivo di ridurre entro il 2027 la dipendenza dell’UE sui combustibili fossili russi e di accelerare la transizione verde, alzando l’obiettivo 2030 dell’UE per le rinnovabili dall’attuale 40% al 45%. Il piano di 300 miliardi di euro sarà in gran parte finanziato dai prestiti non ancora utilizzati del Recovery Fund, i quali ammontano a circa 225 miliardi di euro.

Inoltre a inizio agosto i governi europei hanno approvato un piano di riduzione della domanda di gas entro il marzo 2023 del 15% rispetto al consumo medio degli ultimi cinque anni.

Si è lavorato anche per aumentare la quantità di gas a nostra disposizione, con l’approvazione di una norma che impone agli Stati membri di riempire gli impianti di stoccaggio all’80% della capacità entro l’inverno. La legge approvata è stata accompagnata da una serie di accordi con Paesi terzi, tra Norvegia e Azerbaigian, volti ad aumentare le forniture di gas all’UE.

Nonostante queste misure, il costo dell’energia è continuato ad aumentare. In particolare il prezzo del gas, che soddisfa circa un quarto del fabbisogno energetico dell’UE e il 40% di quello italiano, è decuplicato, passando da 28 €MwH il 26 agosto 2021 a quasi 350 €MwH esattamente un anno dopo.

La situazione attuale è diventata insostenibile ed è necessario un intervento urgente per calmierare i prezzi e aiutare le famiglie ed imprese duramente colpite dalla crisi energetica.

Cosa può ancora fare l’Ue?

In aggiunta alle misure prese a livello nazionale in alcuni Paesi, tra cui l’introduzione di una tassa sugli extraprofitti delle aziende energetiche e la riduzione dell’IVA sull’energia elettrica, vi sono diversi punti su cui è importante e auspicabile un intervento a livello europeo.

Nel breve periodo, l’Ue potrebbe introdurre un tetto europeo al prezzo del gas importato (il cosiddetto price cap), il quale funzionerebbe diversamente da un tetto nazionale che, come attuato in Spagna e Portogallo, prevede che il governo compensi i fornitori di elettricità per la differenza tra il prezzo di mercato e il prezzo massimo per i consumatori fissato dalle autorità nazionali.

Il price cap europeo prevedrebbe infatti che i governi Ue si mettano d’accordo per fissare un tetto al prezzo del gas importato oltre il quale si rifiuterebbero di pagare. L’Ue userebbe quindi il suo potere di acquisto di 450 milioni di cittadini per imporre un prezzo agli esportatori. Per essere efficace la misura dovrebbe comunque essere ben calibrata e preparata in collaborazione con i Paesi partner.

Nel medio periodo, inoltre, l’Ue potrebbe valutare una revisione del mercato elettrico comune che stabilisce un sistema di vendita di elettricità basato sul prezzo dell’energia più cara sul mercato, attualmente il gas. Il sistema attuale è trasparente e incentiva le fonti rinnovabili, permettendo ai loro produttori di vendere l’energia prodotta ad un prezzo più alto, ma attualmente sta avendo effetti indesiderati.

Una possibile modifica ‘disaccoppierebbe’ il prezzo del gas da quello dell’energia elettrica prodotta da altre fonti per calmierare i prezzi, cercando però incentivare gli investimenti nelle energie rinnovabili tramite altri strumenti.

Nel lungo termine dovrebbe proprio essere questo l’obiettivo: la fine della nostra dipendenza dai combustibili fossili e la transizione verso un’economia verde attraverso maggiori investimenti in fonti rinnovabili. I piani europei, infatti, prevedono che entro il 2030 la quantità di energia prodotta da fonti rinnovabili sia raddoppiata e raggiunga il 45%, contro il 22% di energia verde prodotta attualmente.

Nei prossimi giorni si terrà a Bruxelles una riunione straordinaria dei ministri dell’energia durante la quale ci si augura che i governi possano trovare una soluzione per frenare l’aumento dei prezzi energetici. Il gruppo dei Socialisti e Democratici al Parlamento europeo ha già sottolineato l’importanza di un intervento urgente ed è pronto a fare la sua parte. Ora anche i governi devono cogliere l’urgenza del momento e approvare un calendario chiaro sui prossimi passi da intraprendere per ridurre i prezzi del gas nel breve termine e diversificare le nostre fonti energetiche nel lungo periodo.