L’UCRAINA E IL PREZZO DELLA DEMOCRAZIA
In questi difficili giorni, la certezza che l’Europa fosse un continente di pace ha iniziato a vacillare.
Anche solo due settimane fa, l’idea che una guerra potesse scoppiare in Europa era praticamente impensabile specialmente per le nuove generazioni che non hanno assistito in diretta alle immagini drammatiche nell’ex Jugoslavia e tantomeno hanno vissuto le atrocità della Seconda guerra mondiale.
Anche quando la Russia ha iniziato a posizionare le truppe al confine ucraino, tanti di noi hanno lavorato strenuamente affinché la diplomazia potesse prevenire l’invasione, chiedendo l’Unione europea di impegnarsi per far sì che il dialogo avesse la meglio sulla retorica bellicistica.
Giovedì 24 febbraio il nostro risveglio è stato accompagnato da immagini terrificanti: la guerra, in Europa, era diventata realtà.
Dopo quasi due settimane di gravi violazioni del diritto internazionale, l’evoluzione della situazione appare ancora incerta.
Un’escalation fulminea: cronologia dell’aggressione russa
Il 21 febbraio, Vladimir Putin ha annunciato il riconoscimento delle zone separatiste ucraine degli oblast di Donetsk e Luhansk come entità indipendenti, decisione accolta il giorno seguente da una larghissima maggioranza della Duma, la camera bassa russa.
Putin ha utilizzato il riconoscimento, fortemente criticato dall’Ucraina e dall’Ue, come “giustificazione” per un intervento militare teso a prevenire un “genocidio” nei confronti delle minoranze russe e a “denazificare” l’Ucraina. Parole che non rispecchiano, e anzi falsificano la realtà e rappresentano un inaccettabile schiaffo alla storia europea e a tutte quelle persone, russe incluse, che hanno lottato contro il nazismo.
Nelle prime ore di giovedì 24 febbraio, l’esercito russo ha iniziato la sua massiccia invasione del territorio ucraino. Da allora, gli attacchi su tutto il territorio ucraino si sono moltiplicati, con bombardamenti della capitale Kiev e della seconda città del Paese, Kharkiv.
L’aggressione ha causato lo spopolamento di numerose città ucraine e l’aumento esponenziale di flussi migratori verso i Paesi limitrofi. Ad oggi, il numero di rifugiati provenienti dall’Ucraina si attesta intorno al milione di persone, ma l’UNHCR e la Commissione europea si attendono un aumento esponenziale nei prossimi giorni, fino a 7-8 milioni.
La pronta reazione dell’Ue
Nonostante molti scetticismi, l’Unione europea è riuscita ad accantonare le differenze interne e a implementare in pochissimo tempo numerose sanzioni sempre più severe per rispondere all’escalation militare russa.
Il giorno dopo il riconoscimento russo dei territori separatisti, il Consiglio europeo ha approvato un primo pacchetto di sanzioni contro i 351 membri della Duma che hanno votato a favore della decisione di Putin nonché altre 26 persone accusate di aver contribuito alla violazione della sovranità e integrità territoriale dell’Ucraina.
Immediatamente dopo l’entrata delle truppe russe in territorio ucraino, il Consiglio ha approvato sanzioni più restrittive anche relative a questioni chiave per la Russia quali il settore finanziario, energia e trasporti, beni a duplice uso, esportazioni e visti. Inoltre, il giorno successivo, il Consiglio ha deciso di congelare anche i beni di Vladimir Putin e Sergey Lavrov, ministro degli Affari esteri russo.
L’escalation dell’aggressione russa ha portato il Consiglio a riunirsi nuovamente il 28 febbraio per approvare sanzioni significativamente più severe contro la Banca centrale russa e altre soggetti ed entità legate al Cremlino. Allo stesso tempo, con una decisione storica, il Consiglio ha concordato un pacchetto di sostegno di €500 milioni per finanziare attrezzature e forniture alle forze armate ucraine.
Infine, il 2 marzo l’Ue ha deciso di sospendere i siti statali russi Sputnik e Russia Today per prevenire campagne di disinformazione sul territorio comunitario e, dopo intense discussioni interne, ha escluso dal circuito SWIFT sette banche russe.
Tali decisioni non sono sorprendenti soltanto dal punto di vista della reattività con cui esse sono state prese ma anche per il fatto ancora più significativo che tutti i Paesi Ue abbiano ritenuto la situazione in Ucraina una questione fondamentale per il futuro dell’Europa intera e della democrazia, temi che neppure gli interessi nazionali dei singoli Stati membri potevano oramai mettere in secondo piano.
Il messaggio del Parlamento europeo
Anche il Parlamento europeo si è mosso con il massimo della celerità, fissando una sessione straordinaria con l’obiettivo di prendere posizione l’aggressione russa contro l’Ucraina e approvare una risoluzione sul tema.
Il Parlamento ha reiterato il suo sostegno alla sovranità, all’indipendenza e all’integrità territoriale dell’Ucraina, condannando l’aggressione militare russa e il coinvolgimento del regime bielorusso.
Il Parlamento si è poi impegnato a proseguire gli sforzi diplomatici intesi a trovare una soluzione per porre fine all’aggressione russa e ha preso l’impegno di fare il possibile per riportare la Russia al tavolo dei negoziati e metter fine alle sofferenze del popolo ucraino. Conscio del fatto che aggressioni militari di così larga scala non possano essere contrastate con le sole parole, il Parlamento ha comunque ritenuto importantissima anche la necessità di non spegnere le speranze di pace e lavorare affinché tali speranze diventino realtà.
La risoluzione contiene altri elementi molto importanti per il gruppo dei Socialisti e democratici. Oltre a una forte enfasi sull’assistenza umanitaria, fondamentale per dare un contributo concreto a chi maggiormente sta soffrendo gli orrori di questa aggressione militare, il testo negoziato include un invito alla Commissione europea ad attivare la Direttiva sulla protezione temporanea, ideata nel 2001 durante la guerra nell’ex Jugoslavia ma mai utilizzata, neppure durante il picco della crisi afgana del 2021.
Tale direttiva, discussa questo giovedì dal Consiglio affari interni, permetterà di accogliere le persone in arrivo dall’Ucraina (a prescindere dalla loro nazionalità) fornendo loro una protezione temporanea di un anno su tutto il territorio dell’Unione nonché l’accesso all’istruzione e al mercato del lavoro.
Tale decisione dimostra non solo la reattività europea davanti a una crisi devastante, ma anche la possibilità che l’Ue possa ripensare la sua politica in materia di migrazione e asilo in modo più solidale e in linea col diritto internazionale.
La via per la pace
Alla ferma e immediata reazione europea si sono unite le voci del mondo della cultura e dello sport nonché centinaia di migliaia di cittadine e cittadini europei scesi in piazza in difesa della pace.
Non possiamo ignorare il fortissimo messaggio inviatoci da tutti coloro che si sono impegnati per la pace, compresi i tanti cittadini e cittadine russi che hanno manifestato il loro dissenso nei confronti di questa invasione, rischiando anche le pesanti repressioni ordinate dal Cremlino.
Al momento, tutti i nostri sforzi devono essere concentrati sul mettere fine all’aggressione russa e sull’assistenza umanitaria dei civili costretti ad abbandonare le proprie case.
L’Unione europea è un’unione di pace, e solo riportando le persone al centro della nostra azione politica riusciremo a difenderla e rafforzarla.
Veronica Orrù, Policy Adviser AFET