Sulle limitazioni delle libertà civili e politiche in Bielorussia
È passato poco meno di un mese da quando, il 9 agosto scorso, il popolo bielorusso è stato chiamato alle urne per la sesta volta dalla caduta del muro di Berlino per eleggere il suo Presidente.
Le elezioni presidenziali – anche questa volta senza nessun controllo democratico – avrebbero consentito l’ennesima incoronazione del Presidente Aleksandr Lukashenko, al potere dal 1994. Ma i cittadini bielorussi non hanno accettato questa ennesima elezione truffa e si sono ribellati.
Sono scesi nelle piazze di tutto il Paese per contestare il risultato elettorale e per chiedere nuove e libere elezioni. Il governo di Lukashenko ha risposto con la repressione ed un’ulteriore limitazione delle libertà civili e politiche.
Dieci giorni dopo le elezioni, i capi di Stato e di governo dei 27 Stati membri dell’Unione europea si sono riuniti e hanno definito una prima risposta europea, che può essere riassunta in quattro punti di: il non riconoscimento del risultato elettorale, la richiesta di avviare un dialogo nazionale per uscire dalla crisi politica, la condanna delle violenze, l’impegno a imporre sanzioni mirate.
La dichiarazione dei governi europei è stato un buon punto di partenza per rispondere in maniera rapida alla crisi. Tuttavia, nelle prossime settimane dovranno essere resi chiari altri due punti sul quale sarà importante impegnarsi a livello nazionale ed europeo.
In primo luogo bisogna riconoscere che le manifestazioni in Bielorussia non sono né pro-Russia né pro-UE.
È stata la stessa leader dell’opposizione Svetlana Tikhanovskya, durante un’audizione della commissione affari esteri del Parlamento europeo, a ribadire questo punto e a sottolineare che la rivoluzione bielorussa non è una rivoluzione geopolitica, bensì democratica.
Per questo motivo, anche se una mediazione esterna potrebbe essere sicuramente utile, è importante limitare il più possibile le interferenze di attori esterni nel processo che porterà la Bielorussia fuori dalla crisi che sta attualmente attraversando.
La risposta europea deve quindi avere l’obiettivo di sostenere la democrazia senza assecondare alcun interesse geopolitico. Urge evitare assolutamente una trasformazione delle manifestazioni in Bielorussia in una sfida geopolitica, al fine di favorire un vero processo di transizione democratica nel Paese.
Ci troviamo davanti a una questione particolarmente delicata. Bisogna evitare strumentalizzazioni ma allo stesso tempo non possiamo tirarci indietro e far cadere nel vuoto l’appello che SvetlanaTikhanovskaya, leader dell’opposizione bielorussa, ha rivolto questa settimana al Parlamento europeo: “resisteremo e vincerà la democrazia, ma non lasciateci soli abbiamo bisogno di voi”.