La controversa decisione israeliana contro sei ONG palestinesi

Il 22 ottobre, il Ministro della Difesa israeliano Benny Gantz ha emesso un ordine militare che inserisce sei ONG palestinesi nella lista delle “organizzazione terroristiche” – senza tuttavia fornire alcuna prova a sostegno della propria decisione.

Le sei associazioni (Addameer Prisoner Support and Human Rights Association, Al-Haq, Bisan Center for Research and Development, Defense for Children International-Palestina, l’Unione dei comitati per il lavoro agricolo e l’Unione delle donne palestinesi) sono state accusate di essere affiliate al Fronte popolare di liberazione della Palestina, considerato un gruppo terroristico sia da Israele sia dall’Ue e dagli USA.
Le organizzazioni in questione hanno respinto le accuse al mittente, sostenendo che Israele abbia agito per fini meramente politici.

L’8 novembre, il Capo del Comando centrale dell’esercito israeliano ha firmato un ulteriore ordine militare che ha esteso l’applicazione dell’ordine di Gantz delle sei organizzazioni anche alla Cisgiordania e rendendo di fatto impossibile il loro lavoro sia in Israele che nei Territori palestinesi occupati (TPO).

La decisione israeliana è stata presa utilizzando la controversa legislazione antiterrorismo del 2016, che autorizza le forze di sicurezza israeliane a chiudere gli uffici di queste organizzazioni, sequestrare i loro beni e arrestare il personale. Sono inoltre vietati i finanziamenti e addirittura il sostegno pubblico alle loro attività.

I due ordini militari non sono i soli gravi aspetti dell’intera vicenda. Ad essi si aggiunge anche il fatto che NSO ha spiato per mesi e senza autorizzazione i telefoni di alcuni rappresentanti di tali organizzazioni.

NSO, la più grande compagnia di spionaggio israeliano, è conosciuta a livello mondiale per essere la società creatrice del programma Pegasus. Inizialmente ideato per identificare terroristi, il programma si è trasformato in uno strumento al servizio di regimi autoritari, il cui fine è quello di spiare gli oppositori politici, nonché numerosi capi di Stato (tra cui il Presidente francese Emmanuel Macron). Per queste azioni, NSO è stata recentemente inserita assieme a Candiru (altra compagnia di spionaggio israeliana) nella lista nera USA di compagnie straniere “impegnate in attività contrarie alla sicurezza nazionale o agli interessi di politica estera degli Stati Uniti”.

Reazioni internazionali

La decisione israeliana è stata immediatamente condannata da moltissime istituzioni e organizzazioni internazionali.

La Commissaria delle Nazioni Unite per i diritti umani Michelle Bachelet ha definito la decisione “un attacco ai difensori dei diritti umani, alle libertà di associazione, di opinione e di espressione e al diritto alla partecipazione pubblica“, e ha dichiarato che dovrebbe essere immediatamente revocata. Bachelet ha inoltre dichiarato che le organizzazioni in questione “sono tra i gruppi umanitari e di difesa dei diritti umani più affidabili nei territori palestinesi occupati”, e che “da decenni lavorano a stretto contatto con le Nazioni Unite”.

Sulla stessa linea sono state le dichiarazioni dell’Ufficio ONU per i diritti umani in Palestina e della Relatrice speciale ONU per i difensori dei diritti umani Mary Lawlor, che hanno anche criticato la controversa legge israeliana antiterrorismo e la stigmatizzazione delle ONG palestinesi.

Anche Amnesty International e Human Rights Watch hanno fatto dei comunicati che denunciano aspramente la decisione israeliana, considerata un tentativo di criminalizzare e delegittimare l’attività delle ONG palestinesi, e perciò un attacco all’intero movimento per i diritti umani.
In una conferenza stampa, il portavoce del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti Ned Price ha sostenuto l’importanza “del rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali e una società civile forte” e ha negato che gli USA siano stati notificati in anticipo della decisione israeliana.
Allo stesso tempo, l’Alto Rappresentante Josep Borrell ha diffuso un comunicato reiterando l’importanza del sostegno europeo alla società civile, che “contribuisce agli sforzi di pace e al rafforzamento della fiducia tra israeliani e palestinesi”. Borrell ha dichiarato che già in passato le accuse israeliane di uso improprio dei fondi dell’UE in relazione da parte di alcuni partner palestinesi della CSO non sono state mai dimostrate.

Anche importanti esponenti israeliani del partito Meretz, tra cui Gaby Lasky, non hanno condiviso la decisione del Ministero della Difesa israeliano e hanno dichiarato che “il tentativo di trasformare la guerra contro l’occupazione in terrorismo è inaccettabile”.

Conseguenze

Queste sei ONG sono note a livello internazionale per la loro strenua difesa dei diritti umani dei palestinesi e svolgono un lavoro prezioso di raccolta dati sulla situazione dei diritti umani in Israele e nei TPO, portando all’interno delle istituzioni europee e dei fora multilaterali la voce di chi subisce abusi e violenze da parte di Israele.

Addameer, ad esempio, fornisce informazioni sulla situazione drammatica dei prigionieri nelle carceri israeliane e offre assistenza legale ai detenuti, mentre Al-Haq lavora in difesa dello stato di diritto e dei diritti umani nei TPO, e ha uno stato consultivo speciale presso l’Ecosoc (Consiglio economico e sociale delle Nazioni unite). Defence for Children-Palestina, invece, lavora senza sosta per difendere i diritti dei minori in Palestina, ed è responsabile del lavoro dell’organizzazione in tutta l’area MENA (Medio oriente e Nord Africa).

Insieme a 35 colleghe e colleghi eurodeputati, ho presentato un’interrogazione parlamentare scritta che chiede all’Alto Rappresentante UE Josep Borrell di spiegare che conseguenze la decisione israeliana avrà sul finanziamento dell’UE a favore di tali organizzazioni.

Se è vero che già mesi fa sia l’Ue che alcuni governi europei considerarono le “prove” fornite da Israele non sufficienti per revocare i fondi europei destinati a tali organizzazioni, la difficoltà per queste ultime di operare senza problemi in Israele e TPO hanno ormai raggiunto livelli inaccettabili.

Viste le azioni intraprese contro anche importantissime organizzazioni israeliane per i diritti umani quale B’tselem e Breaking the Silence, ci si chiede se l’obiettivo di Israele sia non tanto evitare finanziamenti ad organizzazioni terroristiche quanto fortemente delegittimare il lavoro delle organizzazioni per i diritti umani e nascondere al mondo i soprusi e le violenze quotidiane contro la popolazione palestinese.
Israele è un partner importante per l’Ue ma, come anche enunciato dall’articolo 2 dell’Accordo di associazione Ue-Israele, Tel Aviv è vincolata al rispetto dei diritti umani e dei principi democratici.

Non vi è dubbio che tale designazione debba essere valutata per quello che effettivamente è: un tentativo di nascondere la brutale realtà dell’occupazione militare, la quale consiste in una continua stigmatizzazione della società civile, un aumento vergognoso di insediamenti illegali e ripetute violenze contro i civili.

Dopo oltre sette decenni di fallimenti diplomatici e violenze sistemiche, l’Ue deve impegnarsi in modo più incisivo sulla questione israelo-palestinese, ponendosi degli obiettivi chiari e concreti: il riconoscimento dello Stato palestinese e la fine dell’occupazione come requisiti per garantire la coesistenza pacifica di due popoli.