La crisi umanitaria che imperversa in Grecia è inaccettabile.
La crisi che imperversa in Grecia in queste settimane è inaccettabile da tutti i punti di vista, innanzitutto da quello umanitario.
Nelle isole greche vi sono più di 40.000 persone – tra cui più di 5.000 minori- che attendono una risposta efficace ma soprattutto umana da parte dell’Europa.
È inumano chiamare la Grecia lo scudo dell’Europa come ha fatto la Presidente von der Leyen.
Il sostegno della Commissione Europea alla Grecia e a tutti i Paesi membri che, trovandosi sui confini mediterranei, da anni gestiscono emergenze umanitarie nell’indifferenza degli altri partner europei è sacrosanto. Tuttavia, utilizzare un linguaggio militare per descrivere la disperazione di uomini e donne è profondamente sbagliato. Dobbiamo ritrovare la nostra umanità anche cambiando la narrativa.
Pur trovandosi soli di fronte al fenomeno migratorio, i greci hanno affrontato anni di pesanti sacrifici per continuare ad esser parte del progetto europeo. Non possiamo lasciarli soli ancora una volta.
È però evidente che qualsiasi situazione di difficoltà per uno Stato membro non può, in alcun modo, giustificare violazioni dei diritti umani, incluso il diritto all’asilo. I trattati che guidano l’azione europea vincolano Commissione e Stati membri al pieno rispetto della convenzione europea sui diritti dell’uomo. L’UE ha quindi l’obbligo legale ancor prima che morale di vigilare affinché gli Stati membri garantiscano tali diritti, sempre e comunque. Occorre quindi che la Commissione si opponga e sanzioni
la sospensione seppur temporanea del diritto di asilo da parte delle autorità greche e i respingimenti violenti delle persone che cercano di attraversare il confine greco-turco. Il governo greco deve poi spiegare gli interrogativi sollevati dall’inchiesta del New York Times che ha documentato l’esistenza di un centro segreto di detenzione dei rifugiati ove diritto e diritti sembrano essere stati dimenticati.
La Commissione, in quanto guardiana dei trattati, non può sottrarsi a questo dovere costituzionale anche perché molti dei fondi utilizzati per la gestione dei flussi migratori è di origine europea. I fondi comunitari non possono in alcun modo essere utilizzati per adottare misure completamente contrarie al diritto europeo e internazionale. Per questo motivo, in diverse risoluzioni, il Parlamento europeo ha preteso che la Commissione europea lo informi regolarmente sulla gestione dei fondi europei nelle diverse crisi migratorie.
Se sostenere i cittadini greci è nostra responsabilità, lo è anche la difesa delle persone che arrivano in Europa. La guerra in Siria continua imperterrita da 9 anni e soltanto durante i recenti combattimenti nella regione di Idlib, ben 1 milione di persone ha lasciato la propria casa in cerca di salvezza. Come possiamo restare inermi di fronte alla sofferenza di così tanti esseri umani?
Aldilà dell’immediata necessità di attivare dei corridoi umanitari affinché chi scappa dalle guerre possa arrivare in Paesi sicuri, credo sia anche importante pensare a politiche di ampio respiro che ci permettano di gestire la situazione con maggiore serenità e serietà e, in questo modo, far fronte alle preoccupazioni dei cittadini.
Prima di tutto, occorre rilanciare i negoziati sulla riforma del Trattato di Dublino affinché sia l’Unione a farsi carico dei propri confini e delle proprie responsabilità. Per farlo, dovremo superare l’ostilità dei governi nazionali, troppo gelosi delle proprie competenze per consentire un intervento europeo.
Nell’immediato dovremmo dire a gran voce che i ricatti di Erdoğan sono inaccettabili: è assolutamente vergognoso che un leader politico utilizzi delle vite umane per i suoi squallidi tornaconti politici.
Ancora una volta i nostri valori e principi comuni sono a rischio: riuscirà questa Europa a salvaguardarli?