IL FUTURO DELLA LIBIA APPESO A UN FILO

Dopo 10 anni di guerra, sofferenze e massacri, alla fine del 2020 il popolo sembrava aver ritrovato la speranza per un futuro della Libia di pace e democrazia.

Tuttavia oggi, a una ventina di giorni dalle tanto attese elezioni generali, in Libia ci si esprime oramai con decisamente più cautela sulle possibilità di effettivo cambiamento.

La luce in fondo al tunnel

Dopo 10 anni di guerra, sofferenze e massacri, il 23 ottobre 2020 le due principali fazioni che per anni avevano trascinato la Libia in un conflitto tremendo hanno raggiunto un accordo per il cessate il fuoco tramite la mediazione delle Nazioni Unite.

La fine – benché precaria – delle ostilità ha permesso all’ONU di facilitare la creazione del Forum di dialogo politico libico (LPDF), il cui obiettivo era elaborare una tabella di marcia per l’organizzazione delle elezioni generali che avrebbero dovuto avere luogo il 24 dicembre di quest’anno.

Speranze dissipate

L’entusiasmo dei mesi scorsi ha però oramai ceduto il passo alle profonde divisioni tra le varie fazioni del Paese e ai forti dissidi istituzionali riguardo l’elaborazione della legge elettorale.

Lo scenario politico libico rimane oggi altamente polarizzato, e nelle ultime settimane il clima di tensione è aumentato ulteriormente a causa dell’esclusione di alcuni candidati presidenziali da parte dell’Alta Commissione elettorale libica (HNEC), la cui indipendenza è dai più messa in discussione. I conseguenti atti intimidatori contro i giudici e le minacce di boicottaggio delle elezioni da parte delle varie fazioni politiche hanno difatti dimostrato quanto ancora l’intero processo elettorale sia tutto fuorché libero e trasparente.

Ad aggravare la situazione e aumentare le preoccupazioni sono state anche le dimissioni dell’inviato speciale ONU per la Libia Jan Kubis, arrivate il 23 novembre in un momento delicatissimo per il Paese. Ad oggi, anche a causa di disaccordi in seno al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres non ha ancora ufficializzato la nomina di un successore.

Chance di successo o mere illusioni?

Non vi è alcun dubbio sul fatto che l’attuale clima di mite speranza e scetticismo necessiti un lavoro diplomatico più efficace da parte della comunità internazionale e dell’Ue.

La Conferenza di Parigi, organizzata da ONU, Francia, Italia e Germania e tenutasi il 12 novembre, ha dato un segnale in questo senso. Gli Stati partecipanti hanno infatti elaborato una Dichiarazione congiunta che reitera il supporto al processo di riconciliazione e ricostruzione della Libia, il quale necessita un coinvolgimento di tutti gli stakeholder libici e deve avere inizio con l’organizzazione di elezioni generali libere, eque, inclusive e credibili.

I partecipanti alla Conferenza di Parigi hanno inoltre insistito su un concetto molto importante: tale processo non può che essere guidato dal popolo libico e dai suoi rappresentanti. Tuttavia, nonostante l’apparente volontà della comunità internazionale di supportare la Libia senza interferire nei suoi affari interni, la situazione sul campo rimane complicata, in primis a causa della questione irrisolta del ritiro effettivo di tutte le forze straniere e dei gruppi militari privati.

Purtroppo il dialogo con Russia e Turchia, le cui presenza e influenza sul territorio libico sono garantite anche tramite l’uso di gruppi militari privati quale l’organizzazione paramilitare russa più comunemente conosciuta come gruppo Wagner, procede tutt’oggi a rilento, anche a causa dell’incapacità dell’Ue di elaborare una strategia europea unitaria per avere una posizione negoziale più forte e credibile sul tema.

Nelle ultime settimane Italia e Francia paiono finalmente essersi rese conto che soltanto mettendo da parte le divisioni interne e mostrandoci uniti riusciremo ad avere quella influenza necessaria per garantire il corretto svolgimento delle elezioni e avviare la ricostruzione dello Stato libico.

Nella fase successiva alle elezioni, sarà comunque fondamentale metter in chiaro anche che la pace e la democrazia non potranno mai considerarsi complete se i responsabili delle violazioni dei diritti umani che da anni vivono nell’impunità non verranno consegnati alla giustizia.

In quanto Relatore Permanente per la Libia del Parlamento europeo, mi impegnerò affinché la futura Raccomandazione al Consiglio e alla Commissione sulla Libia ponga al centro il tema della giustizia.

Un Paese che vuole rinascere e costruire le proprie fondamenta, non può infatti che partire dalla giustizia e dal rispetto dei diritti. Sarà infatti certamente l’attenzione per questo aspetto che dimostrerà se l’Ue sarà in grado di riaffermare il suo ruolo di leadership internazionale nella difesa dei diritti.