Cosa fa l’Unione europea per i rifugiati dall’Ucraina?
L’aggressione militare russa contro l’Ucraina ha generato la più grave crisi umanitaria nel continente europeo dalla Seconda guerra mondiale.
Il 28 marzo 2022 l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) ha stimato che il conflitto ha creato 6,5 milioni di sfollati interni e ha spinto oltre 4 milioni di persone a fuggire dall’Ucraina.
Secondo le stime dell’UNHCR, circa il 90% dei rifugiati scappati dalla guerra in Ucraina si sono recati in quattro Stati membri dell’UE: Polonia (2,4 milioni), Romania (640 mila), Ungheria (390 mila) e Slovacchia (300 mila). In Italia, secondo i dati del Ministero dell’Interno, ad oggi sono entrate in Italia circa 80 mila persone.
In parallelo alle sanzioni contro il regime russo (di cui abbiamo parlato in un recente post), gli Stati membri Ue hanno perciò prontamente concordato una serie di misure straordinarie per aiuti umanitari e supportare i Paesi al confine con l’Ucraina che maggiormente si stanno assumendo l’onere di accogliere le persone in fuga.
Cosa ha fatto l’Ue finora?
Per accogliere in modo più efficiente le persone in arrivo dall’Ucraina sul territorio Ue, il 4 marzo gli Stati membri hanno attivato la Direttiva europea sulla protezione temporanea, adottata nel 2001 in risposta alla guerra nell’ex Jugoslavia ma fino ad oggi mai attivata.
La direttiva ha la durata di un anno, rinnovabile fino a un periodo totale di 3 anni, e permette alle persone che scappano dall’Ucraina di godere di diritti armonizzati in tutta l’Unione, tra cui un permesso di soggiorno, la possibilità di lavorare, un alloggio e l’accesso all’assistenza sociale e all’assistenza medica. La protezione temporanea in ogni caso non impedisce alle persone coperte di presentare una domanda di asilo in qualunque momento.
Per far fronte alla crisi umanitaria, l’Ue ha stanziato €500 milioni a carico del suo bilancio. Di questi, €85 milioni saranno destinati all’assistenza umanitaria in Ucraina e altri €5 milioni saranno inviati in Moldavia. Inoltre, l’Ue utilizzerà il Meccanismo di Protezione civile dell’Ue per convogliare l’assistenza fornita dai suoi Stati membri. Il meccanismo permetterà l’invio di veicoli, kit medici, tende, coperte e sacchi a pelo in Ucraina, Moldavia, Polonia e Slovacchia.
Il sostegno ai Paesi Ue confinanti con l’Ucraina prevede inoltre una mobilitazione straordinaria di €17 miliardi dei fondi delle politiche di coesione Ue, di cui circa €10 miliardi dal piano Next Generation EU, per gestire al meglio l’accoglienza delle persone in arrivo dall’Ucraina.
Infine, l’Ue ha voluto fornire aiuti concreti anche alla Moldavia, Paese extra-Ue che in pochissime settimane ha visto oltre 380 mila persone attraversare i suoi confini. Mentre il Parlamento europeo ha approvato un pacchetto di assistenza macrofinanziaria da €150 milioni per sostenere il cammino di riforme moldavo supportato dal Fondo monetario internazionale, l’Ue ha firmato un accordo col governo di Chișinău per permettere a Frontex di fornire supporto operativo alla frontiera moldava.
Verso un vero Piano di asilo e migrazione europeo
Le decisioni prese nelle ultime settimane dalle istituzioni europee rappresentano certamente una prova del potenziale che la nostra Unione può mettere in campo per fare la differenza in un momento di crisi.
Tuttavia, dev’essere chiaro che l’accoglienza non può essere un valore da difendere a fasi alterne e a seconda del Paese di provenienza delle persone in fuga da guerra e atrocità.
Le nostre politiche di asilo e migrazione devono però avere un respiro più ampio, e adattarsi alle sfide che l’Ue sta affrontando e dovrà affrontare. L’Ucraina stessa avrà infatti bisogno di anni, se non decenni, per poter stare di nuovo in piedi sulle proprie gambe, e molte persone potrebbero nel frattempo decidere di stabilirsi nell’Ue per un tempo più lungo rispetto a quello previsto dalla copertura dalla Direttiva sulla protezione temporanea. Allo stesso tempo, altre ondate migratorie potrebbero dirigersi verso l’Europa, e necessiteranno di essere gestite prontamente e nel pieno rispetto del diritto internazionale.
Per questo motivo, l’Ue deve dotarsi di strumenti più efficaci, a partire da un vero e proprio Piano di asilo e migrazione europeo. Richiesto a gran voce dal gruppo S&D, non da ultimo durante la crisi afghana, il Piano dovrebbe basarsi sull’applicazione del principio di solidarietà ed equa ripartizione delle responsabilità previsto dall’Articolo 80 del TFUE e prevedere un piano di ricollocamento delle persone che arrivano nei Paesi dell’Unione sulla base di criteri equi e condivisi.
È la solidarietà il valore che più sta nobilitando l’Unione europea in queste settimane, e sarà sempre la solidarietà a mostrarci la via per costruire un progetto europeo più forte.