Verso un’Unione europea più forte e solidale

Mercoledì 22 novembre il Parlamento europeo ha approvato uno dei dossier più importanti di questa legislatura. Si tratta di un testo che chiede formalmente al Consiglio di attivare la procedura per la modifica dei Trattati su cui si fonda il progetto europeo: il Trattato sull’Unione europea (TUE) e il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). Il primo delinea l’architettura valoriale e istituzionale dell’Unione, mentre il secondo ne disciplina più in dettaglio il funzionamento.

Questo voto storico è arrivata dopo anni intensi di dibattiti e lavoro su un testo che ha visto i principali gruppi politici del Parlamento (Popolari, Socialisti&Democratici, Renew, Verdi e la Sinistra) convergere sulla necessità di costruire un’Unione più forte, più verde e solidale, più protagonista sulla scena della politica estera e – soprattutto – più vicina alle cittadine e ai cittadini. Un aspetto, quest’ultimo, su cui vale la pena soffermarsi: cambiare i Trattati, infatti, significa rafforzare la capacità dell’Unione di affrontare le sfide odierne e future e, di conseguenza, migliorare la vita quotidiana di tutti i cittadini.

Questa, dunque, la lente attraverso cui leggere la proposta di Riforma, a partire dalla parte relativa alle istituzioni europee. La Commissione europea viene rinominata “Esecutivo” e il Presidente del Consiglio europeo diventa il “Presidente dell’Unione europea”, modifiche apparentemente solo nominalistiche ma che invece servono a rendere le cariche istituzionali più intuitivamente comprensibili per il cittadino. I due co-legislatori UE, cioè il Consiglio, composto dai rappresentati degli Stati membri, e il Parlamento europeo, i cui membri sono eletti a suffragio universale ogni cinque anni, trovano un nuovo equilibrio di poteri con un ridimensionamento del primo e un potenziamento del secondo. Il Parlamento diventa titolare del potere di iniziativa legislativa e in Consiglio vengono notevolmente ridotti i casi in cui si applica la regola del voto all’unanimità. Il Parlamento diventa quindi più forte, non solo perché non più ostacolato dai veti, spesso abusati, del Consiglio, ma anche perché gli viene finalmente data la possibilità di proporre autonomamente nuove leggi, senza dover attendere la Commissione che con l’attuale sistema è unica titolare dell’iniziativa legislativa. Un nuovo assetto istituzionale che avvicina i cittadini e le cittadine alla politica UE perché concede più poteri all’unica istituzione ad elezione diretta – il Parlamento europeo, garante della democrazia.

Significative anche le modifiche in materia di politiche europee. La riforma amplia infatti le competenze dell’UE. La sanità pubblica e le minacce sanitarie transfrontaliere vengono incluse nel novero delle competenze concorrenti, che prevedono che gli Stati membri non possano legiferare fintanto che è l’Unione a farlo. Se dovesse quindi verificarsi una nuova emergenza pandemica, le relative misure di contrasto come l’acquisto e la distribuzione dei vaccini sarebbero adottate in modo più celere e senza divergenze nazionali, affinché tutte le cittadine e i cittadini dei 27 Stati membri godano degli stessi benefici.

Vengono anche ampliate le competenze Ue in materia di politica estera, sicurezza e difesa. La modifica propone la creazione di un’Unione della Difesa che prevede delle forze militari sotto il controllo operativo dell’Ue. Tra queste vi sarebbero anche le cosiddette capacità di dispiegamento rapido, ossia unità che verrebbero utilizzate, ad esempio, per operazioni di soccorso ed evacuazione. Le decisioni in materia saranno più approvate all’unanimità ma con la maggioranza qualificata. Ciò permetterà all’Ue di reagire in modo più rapido ed efficace alle sfide internazionali che, come purtroppo gli avvenimenti in Afghanistan, Ucraina e in Medio Oriente ci hanno dimostrato, necessitano di risposte politiche unitarie, concrete e immediate.

Purtroppo va detto che gli obiettivi ambiziosi approvati inizialmente dalla Commissione Affari Costituzionali (AFCO) non hanno trovato pieno sostegno in plenaria.

Ad esempio, la Commissione AFCO aveva proposto di introdurre il Referendum europeo come strumento di democrazia diretta unionale e l’inserimento di ambiente e biodiversità tra le materie di competenza esclusiva dell’Unione.

Non vi è dubbio che il fatto che molti deputati, in particolare membri del Partito popolare europeo, non abbia rispettato l’accordo nella sua interezza sia un aspetto alquanto deludente che pone un problema fortemente politico. Nonostante, infatti, il Parlamento abbia dato inizio al tanto atteso percorso di revisione dei Trattati, è importante evidenziare che purtroppo su alcuni temi non avrà la stessa forza negoziale che i relatori auspicavano vis-à-vis le istituzioni europee, i governi e i parlamenti nazionali.

A prescindere da alcune singole battaglie, l’auspicio è comunque che il lungo percorso di revisione sia ambizioso e si ponga comunque l’obiettivo finale di costruire un’Unione più forte, solidale e capace di fare gli interessi dei popoli europei, lasciandosi alle spalle gli egoismi nazionali che ci tengono ancorati al passato.

Chiara Congestri e Veronica Orrù